Io: “Dopo gli attentati dell’11 Settembre le misure di sicurezza aeroportuali si sono intensificate in tutto il mondo, in Italia e soprattutto dove lei opera, quali misure avete adottato per evitare minacce terroristiche?”
Andrea M.: “Dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001, la percezione degli aeroporti è cambiata drasticamente e gli scali di tutto il mondo sono stati sottoposti ad una vera e propria ‘rivoluzione’ dei sistemi di sicurezza, con un susseguirsi di divieti e controlli sempre più ferrei. Solo 48 ore dopo gli attacchi, sugli aerei di tutto il mondo fu proibito l’accesso di qualsiasi tipo di coltellino, prima tollerato se lungo al massimo 100 millimetri (adesso in Europa si è tornati a tollerare lame fino a 6 cm e tieni conto Lorena che quindi può essere ammesso un coltello di quelli che tagliano il parmigiano reggiano…e mio parere personale questa è un’assurdità), mentre dal novembre del 2001 la sicurezza negli scali Usa è affidata ad un’agenzia del Dipartimento di Stato, l’Amministrazione per la Sicurezza dei Trasporti (Tsa). Il mese dopo, Richard Reid tentò di far saltare il volo Parigi-Miami nascondendo un ordigno nelle scarpe. Da allora, in tutti gli scali Usa, ma anche in diversi aeroporti del pianeta, il controllo delle scarpe dei passeggeri è diventato di routine. Nel 2006 è stata varata la misura forse più rigorosa: qualsiasi tipo di liquido (gel, creme, bagnoschiuma, acqua, bibite, profumi) è stato bandito dagli aerei se in quantità superiore a 100 millilitri. In alternativa, ai passeggeri è permesso trasportarlo nel bagaglio destinato alla stiva o acquistarlo una volta oltrepassato il gate di controllo. Tre anni dopo, il fallito attentato del nigeriano Umar Faruk Abdulmutallab, che aveva nascosto dell’esplosivo nelle mutande, ha portato all’attuazione della misura più estrema, il body scanner, una tecnologia che in pratica ‘denuda’ il passeggero attraverso i raggi X e che ha suscitato un’ondata planetaria di polemiche: lo scanner, denunciano i suoi detrattori, invade la privacy ed è dannoso alla salute. In Italia, nel 2011, è partita la sperimentazione di un body scanner ad onde millimetriche che riproduce un’immagine stilizzata del passeggero, mentre l’Europarlamento ha detto ‘sì’ ad un uso su base volontaria del macchinario, ma se poi il passeggero non si vuole sottoporre a questo controllo, deve subirne altri molto approfonditi oppure non può salire a bordo. Negli Usa, nonostante le polemiche, il governo tiene duro ed in ogni scalo c’è almeno un body scanner attivo. Nello stesso tempo il personale è autorizzato a procedere con i cosiddetti ‘pats down’, perquisizioni corporali che hanno sollevato non poche polemiche. Appena dopo i fatti dell’11 settembre, non solo a Bologna ma in tutto il mondo c’è stato un senso di spaesamento, di inadeguatezza tra i mezzi a disposizione e ciò che si andava a contrastare, perché ricordati che la sicurezza aeroportuale, come si evince dagli esempi sopra, è SEMPRE IN DIFESA, MA NON SA MAI COSA LA ASPETTA NEL SENSO CHE TUTTE LE PRECAUZIONI PRESE AVVENGONO SEMPRE DOPO CHE E’ SUCCESSO QUALCOSA, CIOè LA DIFESA E’ SEMPRE UN PASSO DIETRO L’ATTACCO.
Io: “Nonostante i numerosi controlli circolano in Italia grosse quantità di stupefacenti, ha avuto molte esperienze di questo tipo? Ha incontrato narcotrafficanti? Di quali strumenti vi avvalete per scovare tracce di stupefacenti sui bagagli e sui passeggeri? Avete assistito a casi di trasporto di droga intracorporeo?”
Andrea M. : “La corruzione in Italia per ciò che riguarda il concorso nello spaccio di tali sostanze è quasi nulla, perché dovrebbe coinvolgere sia personale dell’Agenzia delle Dogane che personale della Guardia di Finanza, che lavorano gomito a gomito. Intendo dire che non ricordo un caso in cui pubblico ufficiale in servizio presso uno scalo aeroportuale sia stato autore o abbia agevolato un traffico di droga (attenzione: ho specificato presso lo scalo aeroportuale perché in altre circostanze invece gli episodi vi sono stati): La lotta agli stupefacenti è a mio parere presa sul serio ma questo non vuole dire che i risultati siano del tutto incoraggianti. E’ noto che le grandi organizzazioni per lo spaccio internazionale mandano volutamente un “cavallo” che fanno scoprire alle autorità così da far pensare che i controlli anti droga siano sufficienti, invece passano magari altre decine di cavalli (corrieri) senza che siano intercettati. Le tattiche migliori per contrastare questo reato che si utilizzano sono: studiare i percorsi dei passeggeri ed eventuali loro reati specifici o i loro contatti con ambienti legati agli stupefacenti; informazioni da parte di altri soggetti coinvolti che si decidono a collaborare per avere uno sconto di pena; sul campo: i quasi infallibili cani.”
Io:” “Se ha vissuto in prima persona qualche episodio particolarmente “strano” le andrebbe di raccontarlo?”
Andrea M.: “Gli episodi in cui si sarebbe potuto avere un serio problema a bordo con conseguenze sicuramente non leggere sono stati tanti; posso ricordare velocemente:
ragazza che nascondeva sotto un foulard un’iguana (viva): lascio immaginare il panico che avrebbe potuto scatenare tra i passeggeri se avesse iniziato a scorrazzare sull’aereo….
due albanesi che utilizzavano carte di identità di due cittadini napoletani, ma che alla domanda se abitassero a Napoli vicino al Colosseo, loro rispondevano: sì sì proprio vicino….
signore che per portare nella casa delle vacanze dove doveva fare dei lavori, aveva travasato acido muriatico dentro bottigliette di succhi di frutta, rischiando sia danni gravissimi alle persone che un disastro aereo se l’acido avesse iniziato uscire durante il volo;
uomo nigeriano completamente impazzito che si denuda in mezzo ai passeggeri (e subito avevamo paura che indossasse un giubbotto esplosivo) e che necessita dell’intervento di quattro operatori per riuscire a fermarlo, mentre i passeggeri attorno fuggono terrorizzati;
passeggero cinese che durante un controllo a campione, si fa trovare con degli abiti completamente ripieni di soldi ossia aperti, riempiti di banconote e ricuciti;
passeggero italiano che nasconde, chiuso in valigia, un cucciolo appena nato di pitbull, rischiando di farlo soffocare: per fortuna lo intercettiamo e presumibilmente salviamo il cagnolino da futuri combattimenti tra cani.
Io:?” Cosa l’ha spinta ad intraprendere questa carriera?”
Andrea M.: “Ciò che mi ha spinto è stata la voglia di rendermi utile per gli altri, cercando di proteggerli in questo caso mentre viaggiano e il desiderio di stare a contatto con le persone anche se devo ammettere che è piuttosto stressante, sia per la responsabilità sia per la pressione.”